I Wish I Knew How It Would Feel to Be Free

“I Wish I Knew How It Would Feel to Be Free” (Vorrei sapere come ci si sente ad essere liberi) è una canzone jazz scritta da Billy Taylor. La versione originale di Taylor (conosciuta come “I Wish I Knew”) è stata registrata il 12 novembre 1963 e pubblicata nel suo album “Right Here, Right Now!” l’anno successivo. Il testo celebra il desiderio di libertà e di uguaglianza. Taylor ha detto: “Ho scritto questa canzone, forse la mia composizione più nota, per mia figlia Kim. Questa è una delle mie migliori interpretazioni perché è molto spiritual“.

Vi propongo qui una versione registrata da Taylor nell’album “Music keeps us young” quando aveva la veneranda età di 75 anni!

Una versione molto conosciuta è quella registrata da Nina Simone nel 1967 nel suo album “Silk & Soul”. Successivamente, la canzone è diventata l’inno del movimento per i diritti civili in America negli anni ’60. Anche la Lighthouse Family ne ha fatto una cover nel 2001.

Eunice Kathleen Waymon (21 febbraio 1933-21 aprile 2003), conosciuta professionalmente come Nina Simone, è stata una cantante, compositrice, pianista e attivista per i diritti civili americana. La sua musica abbraccia vari stili tra cui classica, folk, gospel, blues, jazz, R&B e pop.

Sesta di otto figli nati da una famiglia povera a Tryon, nella Carolina del Nord, Nina inizialmente aspirava a diventare pianista da concerto. Con l’aiuto di alcuni sostenitori della sua città natale, si iscrive alla Juilliard School of Music di New York City. Ha quindi concorso per una borsa di studio al Curtis Institute of Music di Filadelfia, dove tuttavia, nonostante un’audizione ben accolta, le è stata negata l’ammissione, cosa che lei ha attribuito al razzismo. Nel 2003, pochi giorni prima della sua morte, l’Istituto le ha conferito la laurea honoris causa (un po’ tardi…).

Per guadagnarsi da vivere, Nina ha iniziato a suonare il piano in un locale di Atlantic City. Ha cambiato il suo nome in “Nina Simone” per nascondersi ai familiari, avendo scelto di suonare “la musica del diavolo” o il cosiddetto “pianoforte da cocktail”. Qui le è stato detto che avrebbe dovuto cantare con il proprio accompagnamento, il che ha effettivamente lanciato la sua carriera di cantante jazz. Ha registrato di seguito più di 40 album tra il 1958 e il 1974, debuttando con “Little Girl Blue”. Ha pubblicato un singolo di grande successo negli Stati Uniti nel 1958 dal titolo “I Loves You, Porgy”. Nel suo stile musicale fondeva gospel e pop con la musica classica, in particolare Johann Sebastian Bach, e accompagnava il suono del pianoforte col suo canto espressivo simile al jazz e la sua voce calda di contralto.

La consapevolezza di Simone sui temi razziali e sociali è stata stimolata dalla sua amicizia con la drammaturga nera Lorraine Hansberry. Simone ha affermato che durante le sue conversazioni con Hansberry “non abbiamo mai parlato di uomini o vestiti. Erano sempre Marx, Lenin e la rivoluzione – vere chiacchiere da ragazze”. L’influenza di Hansberry ha piantato il seme per il provocatorio attivismo sociale che è diventato ricorrente nel repertorio di Simone. Uno dei brani più promettenti di Nina, “To Be Young, Gifted and Black”, diventato subito un inno per gli attivisti, è stato scritto in collaborazione con Weldon Irvine ed è anche un’opera teatrale tratta dall’autobiografia della drammaturga, uscita pochi anni dopo la sua morte, acquisendo il titolo di una delle opere inedite di Hansberry. Gli ambienti sociali frequentati da Simone includevano importanti attivisti neri come James Baldwin, Stokely Carmichael e Langston Hughes: i testi della sua canzone “Backlash Blues” sono stati scritti da Hughes.

L’impegno sociale di Simone non si limitava al movimento per i diritti civili; la canzone “Four Women” tratta degli standard europei dell’aspetto, imposti alle donne di colore in America: nella canzone esplora il dilemma interiore che si sperimenta tra quattro donne di colore con tonalità della pelle che vanno dal più chiaro al decisamente scuro, alla ricerca di un loro stile e di una loro identità. Nella sua autobiografia “I Put a Spell on You” Nina spiega che lo scopo della canzone era quello di ispirare le donne di colore a definire la bellezza e l’identità per se stesse senza l’influenza delle imposizioni della società: da notare che solo recentemente le case produttrici di cosmetici hanno lanciato prodotti adatti in modo specifico alle donne di colore. Per la sua determinazione, per le sue idee femministe e rivoluzionarie, per lo stile nel portare la sua iconica pettinatura afro che valorizzava la corona di capelli crespi invece di lisciarli, come facevano tante sue contemporanee per uniformarsi allo stile in voga presso le bianche, è stata un idolo ed un esempio per la generazione delle ragazze del ’68, nere o bianche che fossero.

Nel nominare Simone la 29a più grande cantante di tutti i tempi, Rolling Stone ha scritto che “la sua voce color miele e leggermente adenoidea è una delle più toccanti del movimento per i diritti civili”, prendendo atto della sua capacità di “nobilitare il blues da bar, cantando il cabaret con voce da crooner ed esplorando il jazz, a volte tutto in un unico disco.”

Avendo vissuto a Nijmegen, Paesi Bassi,  tra il 1988 e il 1990, nel 2002 la città le ha intitolato una strada, come “Nina Simone Street”. Il 29 agosto 2005, la stessa città di Nijmegen, la sala da concerto De Vereeniging, e più di 50 artisti (tra cui Frank Boeijen, Rood Adeo e Fay Claassen) hanno onorato Nina Simone con il concerto tributo Greetings from Nijmegen. In questa città si tiene da qualche anno l’Improvisation Festival, dedicato all’improvvisazione vocale.

Patrizia Rossi