L’Italia è un paese di canterini. L’attitudine al canto è davvero molto diffusa nel nostro paese, ma spesso tutto avviene senza molta consapevolezza tecnica. Lo strumento vocale infatti permette un’istintività senza pari, se paragonato a qualsiasi altro strumento. Ma per quanto siano molte le persone che cantano bene “ad istinto”, non possiamo certo dire che la tecnica vocale sia superflua. Il primo obiettivo della tecnica è il corretto utilizzo dello strumento, in modo da non alterarne la funzionalità e quindi ottenere una buona produzione di armonici, per rendere il timbro più ricco ed interessante.
Diciamo anche però che il primo problema che si incontra volendo studiare lo strumento vocale, è che non è possibile vedere né toccare nulla. E’ sostanzialmente uno strumento fantasma, che spesso ci si limita a sentire attraverso le proprie orecchie, ma che può e deve essere anche percepito a livello fisico muscolare, in modo da riconoscere dall’interno i vari meccanismi che lo governano e quindi poterlo controllare più consapevolmente.
Il canto è stato per moltissimo tempo insegnato per imitazione, sfruttando le buone doti del cantante che si limitava a copiare i suoni proposti dal maestro. Per fortuna però c’è chi non si è accontentato di questo approccio, ma ha voluto andare più in profondità, attraverso ricerche scientifiche svolte in giro per il mondo con il contributo di alcuni luminari della foniatria.
Jo Estill, cantante californiana, di origini italiane (Vadalà era il cognome da nubile), raccontava ai suoi seminari (a cui ho avuto il piacere di assistere sul finire degli anni ’90) che dopo aver fatto carriera come cantante da camera, all’età di cinquant’anni decise di provare a restituire al canto quello che il canto le aveva regalato. Lei sosteneva che, grazie alle sue doti innate, era riuscita a mettere in pratica i molti insegnamenti che aveva ricevuto dai suoi insegnanti, ma di aver raramente ricevuto risposte esaurienti ai suoi quesiti circa il corretto funzionamento dello strumento. Iniziò così una serie di studi scientifici che dopo circa un ventennio ha potuto sintetizzare nel metodo “VoiceCraft”, con le sue “12 figure” e 6 “qualità”. Con un paragone culinario potremmo dire che le “figure” sono gli ingredienti e le “qualità” sono il piatto finito. Gli ingredienti si possono quindi unire secondo determinate ricette, per arrivare al suono necessario per cantare tutto ciò che si desidera. Una delle particolarità di questo metodo è che non ha condizionamenti estetici. Esso può essere applicato sia alla voce per il parlato e recitato, sia nel canto a prescindere dal genere musicale. Ogni suono è accettato, purché non comprometta il corretto funzionamento delle corde vocali. Il metodo suddivide lo strumento in tre parti: potenza, sorgente e filtro. La potenza è relativa alla pressione dell’aria, ottenuta attraverso il diaframma e i muscoli della respirazione. La sorgente è costituita dalla laringe con le corde vocali vere e false al suo interno. Il filtro infine è rapresentato dalle parti cave (la bocca e il naso in prima battuta, ma non solo) che in qualche modo possono essere controllate in ampiezza e posizione e che costituiscono la cassa di risonanza. Jo Estill ha così creato un sistema rivoluzionario basato sulla percezione fisica dello strumento, attraverso esercizi di localizzazione e quantificazione del lavoro muscolare. Un sistema che si sta diffondendo in tutto il mondo grazie ad una rete di insegnanti qualificati, selezionati grazie a specifici esami nei quali, oltre alla consueta teoria basata su acustica, anatomia e fisiologia dello strumento, vengono registrate tutte le “figure” e le “qualità”, per poi valutarle al computer con un analizzatore di spettro. Nulla sfugge, come in una raffinata radiografia della propria voce.
Nonostante la raffinatezza degli studi e degli strumenti tecnici utilizzati per lo sviluppo ed il controllo dello studio, il metodo è rivolto assolutamente a tutti, perchè come diceva Jo Estill “tutti devono poter cantare”: cantanti, attori, insegnanti, principianti e professionisti, ma anche logopedisti, perchè le figure del VoiceCraft (oggi ribattezzato Estill Voice Training) vengono anche utilizzate per il corretto recupero di alcune patologie.
Una tecnica che risponde concretamente alle esigenze di tutti, a patto di poter dedicare un po’ del proprio tempo per un po’ di studio teorico e un po’ di palestra vocale.
Se siete interessati a saperne di più, potete contattarmi all’indirizzo contact@demovoxlab.com o andare direttamente sul sito americano www.estillvoice.com